Molto spesso capita di osservare esercizi fisici eseguiti con sovraccarichi elevati e con un ridotto range di escursione articolare. Tralasciando in questa occasione le modifiche plastiche indotte da tali esercitazioni sul sistema muscolo-tendineo, poniamo l’attenzione su un particolare aspetto spesso trascurato rispondendo ad un semplice quesito: Posso avere lo stesso coinvolgimento muscolare riducendo il carico ed aumentando l’ampiezza del movimento? La biomeccanica ci sovviene in aiuto per rispondere a questo quesito e dare una spiegazione pratica che va oltre il semplice ragionamento basato sull’osservazione di ciò che si sta facendo e che porta molti Trainer a rispondere in modo affermativo al quesito precedentemente proposto. Vediamo dunque come il carico e l’escursione articolare incidono sul coinvolgimento muscolare.
Prendiamo ed esempio l’esecuzione della panca piana eseguita con i manubri. Applicheremo un modello biomeccanico bidimensionale considerando come principale muscolo coinvolto nel movimento il “Gran Pettorale”. Per prima cosa è necessario individuare gli elementi che compongono questo modello e le forze che su di esso sono applicate. (Le forze sono grandezze vettoriali e quindi oltre all’intensità bisogna considerarne direzione e verso).

Il modello biomeccanico prevede di individuare i seguenti elementi. L’articolazione della spalla è considerata come una leva fisica in cui la Scapola ne rappresenta il “Fulcro” e l’Omero (Linea tratteggiata gialla), il segmento articolare che ruota intorno ad esso. Individuiamo i punti di applicazione della Forza (Freccia Verde), a livello dell’inserzione del muscolo pettorale sull’omero; e della Potenza (Freccia rossa) a livello del gomito, rappresentata dal carico applicato al sistema attraverso il manubrio. Il modello si configura come una leva di III genere con la forza giacente tra il fulcro e la potenza (o resistenza).

Adesso prendiamo le due forze in gioco e scomponiamo ognuna di esse nelle sue componenti:
- Perpendicolare alla leva articolare (Fper e Pper), in grado di generare l’effetto rotatorio dell’omero;
- Parallela alla leva articolare (Fpar e Ppar), che non ha alcun effetto cinetico ma ha un’azione che a seconda dei casi può essere stabilizzatrice o destabilizzatrice nei confronti dell’articolazione.

A questo punto prendiamo in considerazione solo le componenti perpendicolari di forza e potenza che sono quelle che determinano l’effetto rotatorio del braccio (leva). Per ognuna di essa ne misuriamo il “braccio”, ossia la distanza in senso orizzontale tra il fulcro ed il punto di applicazione delle forze.
Una prima osservazione che è possibile fare è che il braccio della Resistenza è di circa 3,8 superiore a quello della leva muscolare a testimonianza dello svantaggio meccanico che si realizza in questa condizione. A questo punto conoscendo l’entità del carico applicato (peso del manubrio), abbiamo a disposizione tutti gli elementi che ci permettono di stimare la forza necessaria ad eseguire l’esercizio. Infatti, utilizzando questo modello vediamo ora come sia possibile avere da un punto di vista meccanico lo stesso coinvolgimento muscolare utilizzando carichi diversi.
A destra l’esercizio è eseguito con un manubrio di 18 kg e con il fermo del braccio al parallelo; a sinistra invece abbiamo una esecuzione con i manubri da 12 kg e con una escursione più ampia. L’inclinazione del braccio fa si che si modifichino le componenti perpendicolare e parallela della forza; con l’inclinazione del braccio la componente perpendicolare si riduce e di conseguenza è minore l’effetto rotatorio, obbligando il muscolo a generare più forza nonostante il carico sia più leggero. Infatti, se misuriamo la lunghezza delle forze risultanti (che esprimono l’intensità del vettore), possiamo vedere che sono quasi uguali (nonostante ci siano 6 kg di carico di differenza).
Facciamo i calcoli: ci occupiamo di calcolare la forza perpendicolare in quanto è quella che genera l’effetto rotatorio della leva e successivamente l’intensità della forza risultante.
Ultime considerazione prima di procedere:
- Più correttamente ciò che stiamo misurando è un “Momento di forza” ossia una forza che viene applicata ad una certa distanza dal centro di rotazione (l’articolazione della spalla nel nostro esempio), la cui unità di misura è il Nm (Newton metro);
- Per semplicità di calcolo utilizziamo i kg come unità di misura anziché i Newton (1 kg=9,8 N)
Osserviamo quindi che nonostante sia differente il carico, il coinvolgimento meccanico del pettorale è quasi uguale. È importante conoscere queste applicazioni per scegliere opportunamente le metodiche ed i carichi di esecuzione degli esercizi a seconda delle diverse esigenze. Ad esempio, se si desidera effettuare un lavoro muscolare stimolando anche la mobilità articolare si potrà optare per un carico che consenta la massima escursione articolare; al contrario se per esigenze fisiche non è possibile utilizzare il massimo range di movimento, potremo utilizzare un carico maggiore per ottenere lo stimolo muscolare desiderato.
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